Torre di Cortemilia

La biodiversità come fattore economico

L’importanza della biodiversità è centrale nel futuro del nostro pianeta e nella sopravvivenza di tutte le specie, inclusa quella umana.
È al centro delle strategie delle più importanti associazioni di settore come SlowFood, ed è uno dei valori di base che guidano la nostra filosofia qui in caseificio.

Se ad oggi la FAO riporta una perdita permanente del 75% (con punte del 95% in USA) della biodiversità in termini di colture, lo dobbiamo principalmente a un fattore economico: mantenere un modello di biodiversità globale ed esteso non è economicamente conveniente.
È molto più conveniente concentrarsi su una manciata di ibridi di colture venduti da pochissime aziende agli agricoltori, eliminando rapidamente tutte quelle colture in cui la resa non viene matematicamente massimizzata.

Questo avviene perché il primario modello con il quale (sostanzialmente) tutto viene valutato è quello economico. È un concetto legato a doppio filo con il pensiero puramente capitalista e incentrato sul consumo.

Uno studio della Techincal University di Monaco (TUM) ha voluto spostare l’analisi del concetto di biodiversità, oggi fortunatamente preso più in considerazione che in passato ma sempre ancora in chiave “ambientalista”, sul piano economico, con una domanda semplice e diretta: può una maggiore biodiversità incrementare il valore economico degli ecosistemi gestiti dall’uomo?

Thomas Knoke, professore a capo dell’istituto della gestione forestale del TUM, afferma che le risposte trovate sono varie, e purtroppo non automaticamente positive.

Sostanzialmente, dipende tutto dallo scopo.
Chiunque può intuire il vantaggio economico di una monocoltura: coltivare solo la determinata specie che produce di più, massimizzando il guadagno per appezzamento di terreno. Ma, se prendiamo in considerazione le foreste, ci sono diversi fini e funzioni: le foreste provvedono a dare rifugio a molti animali, così come a proteggere e nutrire il terreno per future coltivazioni.
Tuttavia, lo studio purtroppo non fornisce una risposta del tutto positiva.
Una volta raggiunta una certa diversità di specie all’interno della foresta modello, non si sono trovati altri fattori economici vantaggiosi nell’aumentare ulteriormente la diversità.

Il maggior vantaggio della biodiversità deriva nella diversificazione del rischio. Uno dei più grandi pericoli a cui andiamo incontro in futuro, è la parziale o totale cancellazione di monoculture fondamentali al nostro modello di consumo per via di cambiamenti climatici, epidemie e variazioni territoriali. Avere una diversificazione di colture su larga scala permette non solo di comprimere le perdite ad appezzamenti minori, ma anche a recuperare e sostituire il danno molto rapidamente.

Lo studio, quindi, fornisce una risposta triste ma estremamente importante, sulla quale riflettere: fino ad oggi, il modello economico ha valutato l’impatto di colture e allevamenti partendo sempre dal profitto, e in molti casi usandolo come unica variabile di considerazione.
La matematica, purtroppo, non mente. Se continuiamo a valutare le nostre coltivazioni e produzioni solo in termini di soldi, non abbracceremo mai la via atta a un cambiamento e a un consumo consapevole, che mette come protagonisti della scena la preservazione del territorio, delle piante, degli animali e della possibilità per l’uomo di affrontare i cambiamenti di clima ed ecosistema.

Deve essere, ancora una volta, una scelta intenzionale.

FONTE: ScienceDaily.

 

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