Casu martzu il formaggio con i vermi

Casu martzu (o frazigu), il formaggio con i vermi

Il formaggio con i vermi.
Ne abbiamo quasi tutti sentito parlare almeno una volta, magari con toni ironici o inorriditi, ma non è un prodotto di fantasia.

Il casu martzu (dal sardo: formaggio marcio) o frazigu (fradicio) è una realtà Sarda fortemente radicata nella cultura popolare contadina, a cui la regione assegna una grande importanza.

Si è guadagnato diverse nomee, tra cui “formaggio più pericoloso del mondo“,  fino a ricevere un divieto di produzione e commercializzazione da parte della Comunità  Europea. Ma il Ministero delle Politiche Agricole, nel 2004, lo ha inserito tra i PAT (prodotti agroalimentari tradizionali italiani), rendendo di fatto nebulosa la normativa attorno al consumo di questo peculiare prodotto caseario.

Prodotto con latte di pecora o di capra (ma più tradizionalmente di pecora), la sua lavorazione è immutata rispetto a quella di uno normale pecorino o caprino
L’azione che lo distingue da tutti gli altri formaggi inizia durante il processo di maturazione e stagionatura. La crosta delle forme viene attaccata dalle Piophila casei, le cosiddette mosche del formaggio, che depongono le loro uova sulla superficie ancora morbida delle tome.
In pochi giorni si sviluppano le larve, che iniziano la loro azione erosiva nutrendosi della pasta del casu martzu. Per favorire l’attecchimento delle larve, si usano alcuni accorgimenti come  la riduzione delle tempistiche di salamoia e, ancor più fondamentale, il posizionamento in locali aperti adibiti alla maturazione. Anche il maneggiamento del formaggio viene limitato rispetto ai normali processi di stagionatura.

In un periodo dai 3 ai 6 mesi (che varia a seconda della quantità di larve e condizioni ambientali), le Piophila casei hanno modo di scomporre la pasta del formaggio con i loro enzimi, trasformandola in una consistenza ben più cremosa e dotata di un sapore particolarmente pungente.
Per apprezzare appieno questo prodotto così unico, il corretto processo per servirlo è incidere uno dei piatti della toma a mo’ di coperchio, sollevandolo e prelevando la pasta cremosa a cucchiaio.

Le origini storiche del casu martzu non sono chiaramente documentate, purtroppo, ma è facile intuirne la nascita. Molto probabilmente le prime forme sono nate per errore (come in moltissimi altri formaggi, vedasi il Gorgonzola) e consumate semplicemente per fame.

Nonostante i pareri fortemente contrastanti che il Casu Martzu attira, è un prodotto molto ricercato tra gli estimatori, e non è difficile trovare molte realtà famigliari in Sardegna che ancora lo producono.
Ovviamente, viste le direttive della Comunità Europea (nonostante l’assegnazione del PAT) e il suo processo di realizzazione così complesso, la produzione su larga scala è tutt’oggi impensabile e (probabilmente) tale rimarrà.

È doveroso da fare una precisazione: non vi sono documentazioni storiche o recenti di casi di intossicazione dovuti al consumo di questo formaggio. La sua pericolosità deriva da due fattori principali: il processo di maturazione/stagionatura, che per sua natura è esposto a un altissimo numero di contaminazioni, e la possibilità di non digerire correttamente le larve al suo interno. Nonostante queste problematiche siano reali dal punto di vista teorico, all’atto pratico non ci sono testimonianze registrate di episodi problematiche.

Ovviamente, rimane un formaggio la cui attuale produzione e commercializzazione è avvolta da un’incertezza normativa e una differenza tra quanto espresso dalla Comunità Europea e dal Ministero delle Politiche Agricole. 

FONTE: Onaf, Wikipedia, Cookist.
FOTO: Onaf.

 

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